Il Santuario

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I Redentoristi arrivarono a Bussolengo grazie all’interessamento e alla tenace insistenza di Don Giuseppe Turri, sacerdote del luogo, che intendeva riattivare l’ex convento francescano sito verso l’Adige.
Don Turri aveva conosciuto la Congregazione nel 1830 a Vienna, dove ancora era vivo il ricordo di S. Clemente Maria Hofbauer, propagatore dell’Istituto Alfonsiano al di la delle Alpi. Ventisette anni più tardi la congregazione fondata da S. Alfonso arrivò a Bussolengo. L’inaugurazione ufficiale della nuova casa venne fissata il 2 agosto 1857.
La devozione a Maria sotto il titolo di Madre del Perpetuo Soccorso iniziò il 28 novembre 1871 con l’arrivo da Roma di una copia della sacra icona autenticata, la duecentosettesima benedetta da Pio IX e richiesta dal Padre Gerolamo Scarpieri, all’epoca Superiore della casa di Bussolengo. Successivamente, a luglio 1875 fu sistemata ed esposta in un apposito altare della Chiesa che da allora divenne Santuario della Madonna del Perpetuo Soccorso.
Le origini del Santuario della Madonna del Perpetuo Soccorso sono assai remote (VIII sec).
I Redentoristi arrivarono a Bussolengo grazie all’interessamento e alla tenace insistenza di Don Giuseppe Turri, sacerdote del luogo, che intendeva riattivare l’ex convento francescano sito verso l’Adige.
Don Turri aveva conosciuto la Congregazione nel 1830 a Vienna, dove ancora era vivo il ricordo di S. Clemente Maria Hofbauer, propagatore dell’Istituto Alfonsiano al di la delle Alpi. Ventisette anni più tardi la congregazione fondata da S. Alfonso arrivò a Bussolengo. L’inaugurazione ufficiale della nuova casa venne fissata il 2 agosto 1857.
La devozione a Maria sotto il titolo di Madre del Perpetuo Soccorso iniziò il 28 novembre 1871 con l’arrivo da Roma di una copia della sacra icona autenticata, la duecentosettesima benedetta da Pio IX e richiesta dal Padre Gerolamo Scarpieri, all’epoca Superiore della casa di Bussolengo. Successivamente, a luglio 1875 fu sistemata ed esposta in un apposito altare della Chiesa che da allora divenne Santuario della Madonna del Perpetuo Soccorso.
Le origini del Santuario della Madonna del Perpetuo Soccorso sono assai remote (VIII sec). La Chiesa fu dedicata a S. Mario e poi a S. Zeno, a S. Valentino alle Bastie e a S. Francesco con l’arrivo dei Francescani e in seguito, con i Redentoristi, alla Madonna del Perpetuo Soccorso.
I Francescani provvidero a riedificare la chiesa come testimoniano ancor oggi alcune date: 1614 e 1615, scolpite rispettivamente sull’architrave del portale di facciata della chiesa e sullo stipite della porta della sacrestia.
Tali date sembrano indicare con sufficiente attendibilità le fasi conclusive di riedificazione della chiesa che, come ricorda un’altra lapide nella parte alta della facciata, nel 1731 venne ulteriormente ampliata e rialzata. Il Santuario è stato ristrutturato dai Redentoristi negli anni sessanta con una complessa opera di natura architettonica (Arch. Banterle) e l’aggiunta di due piccole navate laterali.
All’interno della chiesa si possono ammirare tele di pittori veronesi del XVI secolo. Dietro l’altare maggiore è la tela di Santo Prunati raffigurante la glorificazione di S.Francesco. Sul lato sinistro della navata centrale un quadro di Biagio Falcieri raffigura la “Cacciata dal Tempio”; sul lato destro “S. Francesco a La Verna che riceve le Stimmate” tela di Felice Cignaroli.
Accanto all’altare maggiore s’innalza la croce con la copia del Cristo in bronzo del Tacca.
Oltre a queste preziose opere d’arte, accanto alla chiesa è possibile ammirare anche un singolare gioiello dell’architettura veronese: il chiostro francescano del 1636, recentemente restaurato.
Nell’insieme della vita del Santuario, particolare importanza assumono la Novena dell’Immacolata, le festività natalizie e pasquali e in modo particolare il Mese di Maggio che vede riunirsi attorno alla Madonna del Perpetuo Soccorso numerosi devoti e che si conclude con una solenne processione che raccoglie i fedeli di tutti i dintorni e che coinvolge tutto il Paese. Il Santuario ha un suo periodico devozionale: Il Soccorso Perpetuo di Maria.



Storia dell’Icona

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Secondo un’antica tradizione, la preziosa icona della Madonna del Perpetuo Soccorso, che risale al XIV secolo, fu portata in Italia dall’isola di Creta, da un mercante, verso la fine del 1400. Dal 1499 al 1798, l’icona fu esposta nella chiesa di S. Matteo a Roma (situata nei pressi dell’odierna Chiesa di Sant’Alfonso).
Durante l’occupazione napoleonica, la chiesa fu distrutta, ma l’immagine della Madonna fu tratta in salvo e nel 1819 collocata nella chiesa di S. Maria in Posterula. L’icona cadde nell’oblio per i successivi settanta anni. Dopo tale periodo, un gesuita, predicando, parlò della storia del quadro sparito. Fu allora che Michele Marchi futuro Redentorista, si ricordò che l’icona originale era conservata nella chiesa di S. Maria in Posterula, ove un tempo era stato chierichetto.
La Congregazione dei Redentoristi, fondata da S. Alfonso nel 1732, chiese al Papa Pio IX di poter conservare la famosa immagine nella chiesa di S. Alfonso in via Merulana, edificata proprio vicino al luogo dove una volta sorgeva la chiesa di S. Matteo.
Dopo esser stata restaurata dal pittore polacco Leopold Nowotny, l’icona venne posta nella chiesa nell’aprile del 1866.
Il 5 maggio successivo, Pio IX visitando il santuario, affidò ai Redentoristi la missione di far conoscere l’immagine in tutto il mondo. Nei cento anni trascorsi dalla consegna dell’icona, i Redentoristi, che conobbero un’espansione senza precedenti in tutti i continenti, portarono copie autentiche dell’icona in molti paesi, rendendola la più conosciuta nel mondo.



Il Chiostro Francescano

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Il 14 giugno 1596 il Vescovo di Verona dava licenza all’erezione a Bussolengo del convento dei Minori Osservanti. L’edificazione fu condotta sin dall’inizio secondo un preciso progetto che prevedeva, come già detto, anche la riedificazione della chiesa esistente dedicata ai SS. Zenone e Valentino. Il convento, caratterizzato da un affascinante spazio claustrale di impianto quadrangolare, si ritiene ultimato nel 1624, quando venne collocato nel mezzo del cortile l’elegante pozzo, della scuola del Sansovino, in pietra bianca e due colonne reggenti un architrave adorno di fregio (sul quale appunto è incisa la data) e di una ricca cimasa. La costruzione dovette procedere con una certa gradualità, compatibilmente con le risorse finanziarie derivanti da elemosine ed elargizioni della popolazione.
Oggi il chiostro, dopo un recente lavoro di restauro, si presenta quasi integro diventando preziosa testimonianza di quella vita cenobitica francescana scandita da ferree regole e ritmi quotidiani. Contornato da portici il chiostro costituiva il nucleo vitale attorno al quale siarticolava e si sviluppava l’organismo monastico; per questo tale spazio è la parte più ricca ed ornata del complesso conventuale.
A rendere unico nel suo genere il chiostro francescano dei Padri Redentoristi di Bussolengo, è la sua ricca decorazione pittorica (1638) e l’elegante partitura architettonica.
Nel sottoportico un ciclo di affreschi completo, opera del Muttoni, raffigura la vita e i miracoli di S. Francesco. Le 45 lunette, dipinte in corrispondenza con le aperture degli archi, sono una testimonianza di indubbio valore per la qualità artistica del!’ opera. Autore degli affreschi è stato Bernardino Muttoni il Vecchio, dipintore di chiostri assai noto nel veronese. I recenti lavori di restauro hanno permesso di recuperare l’originale freschezza cromatica del ciclo pittorico. Durante il periodo natalizio ospita una pregiata rassegna di presepi.



Il messaggio dell’Icona

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Ma scopriamo e leggiamo il messaggio della icona mariana, detta anche Madonna di Passione, di origine cretese che portava il nome di “CARDIOTISSA=TUTTO CUORE) o Madonna degli Angeli.
E’ chiaro lo stile bizantino di questa icona e la bellezza orientale, mentre il Bambino rappresenta un volto da adulto, perché è il Salvatore.
L’aureola sul capo, aggiunta più tardi, ha spesso il significato di un dono di ringraziamento da parte dei devoti.
Lo sfondo dorato indica la regalità, l’eternità, l’infinito stare con Dio, la gloria celeste.
Il rosso e il verde indicano la divinità, la sovranità, mentre il blu e l’ocra indicano l’umanità, la vita che passa. La Vergine Maria, nel blu e rosso è “divinizzata” per la maternità del figlio di Dio come indicano le lettere greche delle icone bizantine: MP OY, ossia madre di Dio.
Sul velo del capo si notano due stelle, una a forma di croce, l’altra a otto punte: simbolo di verginità e simbolo siriaco destinato alle principesse.
Le lettere greche accanto al Bambino IC XC, Iesus Xristòs, identificano il nome di Gesù, mentre i due angeli, vestiti con i colori regali, presentano i simboli della passione di Gesù che simboleggiano anche la vittoria sulla morte.
A sin. l’arcangelo S. Michele porta il vaso con la lancia e la spugna, a destra, Gabriele con la croce e i chiodi, la croce indica la salita verso il cielo. Gli angeli sono immersi nello sfondo dorato, perché vivono in cielo, nell’eternità.
I caratteri greci M P, indicano la Madre di Dio.

GESU'

Il Bambino in braccio a Maria ha un volto adulto, perché rappresenta chiaramente il Salvatore.
Lo sguardo di Gesù rivolto a sinistra, lascia trapelare un certo sgomento alla visione degli oggetti della passione, sguardo condiviso anche da Maria. Secondo alcuni può avere il significato di guardare all’eternità (sfondo dorato), cioè oltre questa vita.
Il sandalo che sta per cadere indica la povertà umana alla quale Gesù andrà incontro sulle strade del mondo. Il piede malformato fa pensare a tutte le miserie umane di cui il Salvatore avrà cura e compassione.
Gesù è vestito di una tunica verde che rappresenta la divinità.
Il mantello color marrone rappresenta l’umanità, la vita che passa, lo stare con noi per amore (vedi la fascia rossa).
Cristo è di natura divina, nel verde che rappresenta il legame con lo Spirito Santo che genera la vita; è rivestito di umanità nel colore ocra della terra.
Gesù, seduto sulla mano di Maria come trono di grazia, cerca rifugio nell’altra mano della madre, la quale guarda a noi come destinatari della salvezza del figlio.

MARIA

Maria è colei che dà soccorso e l’icona altro non è che una catechesi dipinta che ci svela la tenerezza e l’amore di una Madre che accetta il sacrificio di suo Figlio per la salvezza dell’intera umanità. Lei mediatrice di tutte le grazie, partecipe dei dolori del Figlio, con la tenerezza del suo volto ci invita a non dubitare del suo aiuto, della sua compassione, dell’abbraccio, proprio perché è madre del perpetuo soccorso. Quel velo di tristezza che leggiamo nel suo sguardo è la partecipazione al nostro dolore, è la risposta del suo amore.
L’icona proietta le relazioni sanatrici su quanti la pregano. A Maria si ricorre nella giusta misura, senza pretese, senza riti esagerati, ma con fede e abbandono, perché Madre del Perpetuo Soccorso è riferito all’intervento di Dio attraverso Lei. Quel suo titolo è proprio per noi, per i miseri. Accostiamoci dunque senza paura, lei ci ascolta e capisce, ci dona la forza per proseguire nel cammino della vita. (Odigitria)
Altro significato della icona è quello di altare, serve per la preghiera, per un dialogo spirituale tra noi e Dio, rende visibile quello che la fede ci fa credere, fa parte del mondo umano e spirituale (vedi angeli).
La Madonna tocca con la sua guancia Gesù, è chiamata Madonna della tenerezza -ELEUSIA;
e ancora HODEGETRIA (pronuncia Odegheria) Madonna che indica Gesù: cioè, la strada;
Madonna detta DEESIS: della supplica, colei che chiede per gli altri, quindi l’icona serve per pregare, è un vangelo dipinto, perciò va letto.
L’icona è un altare individuale, non è molto grande, perché serve per una persona, serve per un contatto individuale e attuale con Dio.
Si usa il disegno perché ci fa capire cosa dice, (la ragione), mentre il colore indica il simbolo, l’emozione.
Piena di grazia dentro e fuori: è vestita di blu (colore che rappresenta la fede). I riflessi d’oro dicono l’eternità, lei e gli angeli escono dal color oro (si fanno presenti) e sono lì per ascoltare la preghiera del fedele che hanno davanti.
Gesù è vestito da grande, perché è il Messia, il Salvatore e ha la fronte un po’ calva (è un adulto), un PANTOCRATORE (può tutto, onnipotente), ma è figurato bambino per dire che è figlio di questa madre. La mano di Maria non accarezza Gesù, ma lo indica, ci guida a lui.
Il suo sguardo ha una funzione teologica, guarda noi per parlarci, per focalizzare la nostra attenzione su Gesù: la via, la verità, la vita.
Gesù non guarda né Maria, né noi, ma il fondo dorato dove vive il Padre, a lui è rivolto. Il Padre non è mai rappresentato, la Scrittura ci parla di Dio, ma non ce lo mostra. “Sono venuto su questa terra per fare la tua volontà” (Gv.6, 38-39). Gesù è in funzione del Padre, si offre per amore, diventa uomo nel seno di Maria e abbraccia l’umanità fino alla morte. Diventa figlio di una donna, poi muore come uomo. Il tutto finisce con la vittoria sulla morte, infatti Gesù è rappresentato sull’oro che indica l’eternità.

SANDALI

Il piede rappresenta l’incarnazione. Nel passato, quando due persone si incontravano su una strada, come gesto rassicurante mostravano o il palmo della mano o la pianta del piede (sicuri che non fossero animali) e per distinguersi dai ladroni.
Gesù, il Messia promesso, mostra il piede, è lui che è venuto. Solo Maria è degna di sciogliere il laccio dei sandali di Gesù, ecco perché nella icona è messo in evidenza questo particolare. Giovanni Battista dice: ”Non son degno di sciogliere i calzari”. Noi, attraverso Maria abbiamo accesso a Gesù, perché è Lei che ha sciolto il laccio dei calzari e ne ha permesso la sua venuta.
Stare davanti alla icona è stare con una persona divinizzata, dalla quale emana la santità. Dobbiamo sentirla nostra, non possiamo sentirci soli, siamo con Lei, con Dio e i suoi santi. Nelle chiese orientali ci sono tantissime icone, proprio per le persone che pregano. Occorre quindi fermarsi, venerare, stare in silenzio, rendersi conto della presenza con parole di lode, di ringraziamento, di condivisione, proprio come si fa con le persone care. Poi ci chiederemo cosa andiamo cercando.
“Non cercate cose inutili” dice il vangelo, da qui scaturisce la preghiera.
Una relazione d’incontro, di dialogo, di dolcezza, di amore, di ringraziamento, di offerta e infine di richiesta.
Attraverso l’icona ci si sente amati, è una cosa stupenda da vivere.
“Mi sono innamorato di più stando davanti a Lei” questa la testimonianza personale di Padre Metodio.
Bisogna saper passare il tempo davanti a Maria e offrirlo a Dio.